un racconto di Elia B. Bruni

 

Pronto sono io. Hai sentito? C’è stato un bel terremoto.

Si l’ho visto in tivù… tanta roba.

Bisogna partire in quarta subito. Non è che c’è un terremoto al giorno.

No, lo so…

Ridi? E fai bene, c’è da morir dal ridere!

Sei una sagoma.

Così per dire, per carità, poveracci… Ma loro sono morti ormai, noi no, a noi ci tocca vivere. C’è da pensare ai pìccioli. 

Non ne hai mai abbastanza…

E come si fa, sai che mi sono arrivate da pagare le tasse della casa al mare?

Ma non è abusiva?

Non mi far dire, m’ha coglionato il commercialista, mi ha detto che mi conveniva condonarla, bella trovata! E io che ci sono cascato. Dammi retta, a far del bene Nico non si guadagna mai… ora devo andare, ci siamo capiti. Chiama il nostro amico, l’assessore, che aspetta che lo cerchi… capisci lui in questa situazione non è che si può far sotto, devi farlo tu. 

E con quelli a Roma, come si fa?

Non devi preoccuparti ho già fatto io il tuo nome a… insomma hai capito a chi mi riferisco.

Grazie, sei un amico

Amico certo, ma non cercare di coglionarmi anche tu che poi mi incazzo. Prendi tutti gli appalti che puoi, più prendi meglio è, poi tra noi ci sistemiamo.

Certo…

Devo andare che c’ho gente a casa, è la festa di Chantal, la piccolina. C’è su un gran casino con tutti i mocciosi che strillano, ma che vuoi farci, ci tocca.

Auguri allora.

Sì vabbè, ciao.

 

Appena chiudo la conversazione vedo Chantal: è sull’uscio che mi fissa. Invece che scorrazzare in giardino e godersi la festa, piange. Questa bambina mi sta sempre addosso, fa le lagne appena non le stanno tutti intorno. Gliel’ho detto a sua madre che dovrebbe insegnarle a cavarsela da sola. Che avrà? Dovrebbe essere contenta, ho chiamato pure il clown come mi ha chiesto che per modellare due palloncini mi è costato una fortuna; e poi tutta quella roba da mangiare neanche fosse un diciottesimo, che allora magari sì che valeva la pena spenderli i soldi. A quell’età le ragazze la roba cara l’apprezzano… E invece, tutta fatica sprecata, non è contenta. E mi ripaga con gli occhi umidi, il moccio che le cola dal naso e uno sguardo… mi spaventa, sembra sia qui apposta per giudicarmi. 

Perlustro i dintorni, ci dev’essere qualcuno che se ne occupi… dove sono finiti tutti? La tata non c’è, un’altra mangiapane a tradimento! Sua madre figurati, ma questa non è una novità. Come al solito, toccherà a me. Maledizione!

 

Che c’è Chantal. Che hai? Non ti piace il mago?

Mimì… Mimì papà. 

Che t’ha fatto ‘sta Mimì? La dobbiamo sgridare questa bambina cattiva?

Non è una bambina Vittorio, è il gattino, quello che le hai regalato a Natale. 

 

Appena si presenta l’occasione di farmi un’osservazione si materializza mia moglie, con quel tono da maestrina. Lo usasse qualche volta con sua figlia piuttosto! 

 

Si certo la gattina Mimì… Che c’è con Mimì, amore allora me lo dici?

Là, sotto la siepe. È, è…

Non piangere, a papà fa male la testa. Si può sapere che diavolo è successo?

C’è poco da sbraitare, è successo, Vittorio, non è colpa di nessuno… avrà mangiato qualcosa che non gli ha fatto bene, quella gattaccia va sempre in giro, se le va a cercare… si insomma, Chantal – amore vieni qui! – voleva dirti che è tanto dispiaciuta ma Mimì è morta.

Come morta? La mia Mimì…

Secondo me quella vecchia di fronte ha buttato qualche polpettina velenosa. È invidiosa di tutta la nostra roba, quella morta di fame… comunque Halina l’ha già tolta di lì e se n’è… sbarazzata. I bambini erano spaventati.

Non fare così Vittorio, non mi sembra il caso di piangere anche tu, dopotutto era solo un gatto…

Non hai cuore, l’avevo presa io, era piccola piccola.

Ecco vedi Chantal fai piangere papà. Fai così, dagli un bacino che gli voleva bene a Mimì.